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autore
brano
 
Apuleio
Della magia, 10
 
originale
 
[10] Habes crimen meum, Maxime, quasi improbi comisatoris de sertis et canticis compositum. hic illud etiam reprehendi animaduertisti, quod, cum aliis nominibus pueri uocentur, ego eos Charinum et Critian appellitarim. eadem igitur opera accusent C. Catul[l]um, quod Lesbiam pro Clodia nominarit, et Ticidam similiter, quod quae Metella erat Perillam scripserit, et Propertium, qui Cunthiam dicat, Hostiam dissimulet, et Tibullum, quod ei sit Plania in animo, Delia in uersu. e[t] quidem C. Lucilium, quanquam sit iambicus, tamen improbarim, quod Gentium et Macedonem pueros directis nominibus carmine suo prostituerit. quanto modestius tandem Mantuanus poeta, qui itidem ut ego puerum amici sui Pollionis bucolico ludicro laudans et abstinens nominum sese quidem Corydonem, puerum uero Alexin uocat. sed Aemilianus, uir ultra Virgilianos opiliones et busequas rusticanus, agrestis quidem semper et barbarus, uerum longe austerior ut putat Serranis et Curiis et Fabriciis, negat id genus uersus Platonico philosopho competere. etiamne, Aemiliane, si Platonis ipsius exemplo doceo factos? cuius nulla carmina extant nisi amoris elegia; nam cetera omnia, credo quod tam lepida non erant, igni deussit. disce igitur uersus Platonis philosophi in puerum Astera, si tamen tantus natu potes litteras discere: [???.] item eiusdem Platonis in Alexin Phaedrumque pueros coniuncto carmine: [???.] ne pluris commemorem, nouissimum uersum eius de Dione Syracusano si dixero, finem faciam: [???.].
 
traduzione
 
Eccoti il mio crimine, o Massimo, come di un incorreggibile crapuIone: un crimine fatto di ghirlande e di canzoni. E qui hai notato che mi si fa un altro rimprovero, perch? avendo i fanciulli altro nome, ho continuato a chiamarli Critia e Carino. Per il medesimo fatto accusino Catullo perch? nomin? Lesbia invece di Clodia, e similmente Ticida per avere scritto Perilla e non Metella, e Properzio che dice Cintia dissimulando Hostia e Tibullo che ebbe Plania nel cuore e Delia nel verso. E io non saprei veramente approvare Lucilio, quantunque sia poeta satirico, per avere esposto a mala fama coi veri nomi, in uno dei suoi carmi, i giovinetti Genzio e Macedone. Quanto pi? discreto il poeta Mantovano che, lodando, come io ho fatto, il giovane schiavo dell'amico suo Pollione, in una scena bucolica, si astiene dai nomi, chiamando s? Coridone e Alessi il fanciullo. Ma Emiliano, uomo rusticano pi? dei pecorai e dei bovari virgiliani, zoticone e barbaro sempre, ma di gran lunga pi? austero, com'egli si crede, dei Serrani e dei Curii e dei Fabrizi, nega che a un filosofo platonico si convengano versi di tal genere. Dimmi, Emiliano: anche se dimostro ch'essi sono fatti proprio sull'esempio dello stesso Platone, del quale non abbiamo altri carmi fuorch? elegie di amore? Perch? le altre poesie, immagino, non ritenendole altrettanto piacevoli, le diede alle fiamme. Ascolta i versi del filosofo Platone sul giovane Aster, se pure, vecchio come sei, puoi apprendere qualcosa di lettere: Aster, prima splendevi stella dell'alba tra i vivi: ora, che sei morto, splendi Espero tra i defunti. Dello stesso Platone sono questi versi dove sono congiunti due efebi, Alexis e Fedro: Da quando io dissi che Alessi solo ? bello, lo guardano tutti, e in ogni luogo gli mettono gli occhi addosso. O cuore mio, perch? mostrare un osso ai cani? Te ne pentirai un giorno. Fedro, non l'abbiamo perduto cos?? E per non citarne di pi?, eccovi un suo ultimo verso su Dione siracusano e avr? finito: ?O Dione, mia frenesia d'amore?.
 

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